Una madre accogliente, accondiscendente, che risponda prontamente ad ogni vagito: forse e questo il presupposto necessario non soltanto per una strutturazione completa ed equilibrata della personalita, ma anche e soprattutto per l’instaurarsi di una vita relazione, interpersonale che non risenta di lacune infantili, e non richieda ricompense pregresse.
E’ la prima relazione, in sostanza, a scrivere il copione di tutte quelle che verranno poi e che tracceranno il percorso della nostra capacita di ‘con – vivere’. La solitudine, infatti, e condizione imprescindibile all’essere uomini, ne e anzi il presupposto che segna la nostra appartenenza al genere umano quali esseri pensanti che possono dirsi tali soltanto quando aprono la propria anima al silenzio. Tuttavia, non e la forma di vita piu adeguata, se vista nella sua interezza. E siccome nella propria mente, nel proprio cuore ogni uomo sente costantemente il peso della propria ‘singolarita’, egli cerca un contatto con l’esterno, un ‘legame’. E legame e tutto cio che finisce per stabilire dei ruoli, o comincia basandosi su una forma di dipendenza, o si evolve, successivamente, in essa.
D’altro canto ogni ‘animale sociale’ ha bisogno del suo simile, se non altro per fronteggiare quella situazione di inferiorita specie specifica che Adler vede alla base di ogni comportamento umano. Allo stesso tempo sarebbe impensabile immaginare un neonato che provveda autonomamente alla propria sussistenza. E allora la necessita del legame, di affidarsi ‘ad occhi chiusi’ ad un abbraccio co n l’altro e il primo segnale della natura della vita umana. Quello materno e poi l’abbraccio piu importante, quello che decide per ogni altro futuro. Perche la sollecitudine con la quale riesce a sostenerci, la cura ed il calore con le quali ci culla inoltrandoci nel terreno del sogno, sono quelli che conforteranno ogni malinconia o che chiederanno riscatto. Cio che conferisce colore e tepore alla relazione e, infatti, quell’atmosfera intermedia che vi si crea, che rende un sorriso il migliore balsamo per la nostra anima e una carezza l’unico lenitivo al dolore dell’esistenza. E questo e amore, quell’amore che ogni madre dovrebbe incondizionatamente trasfondere nel bambino che nutre. ‘Dovrebbe’ perche non sempre quelle braccia che ci cingono sono in grado di non farci cadere.
A volte non v’e calore nell’abbraccio, ne melodia nel sorriso dei genitori. Altre volte, ancora, e il freddo a dissiparsi nel nido familiare. Una freddezza che l’anima sente piu pungente perche, in qualche modo, non e predisposta a ricev ere, perche attende ancora con fiducia l’arrivo di un seno materno gratificante che dia gioia e sostentamento.
Ma quando cio non accade, quando l’amore si trasforma in aperta ostilita, o ancor peggio, in sprezzante e acuta indifferenza, allora quell’abbrac cio confortante lo cercheremo altrove. 0, addirittura, crederemo che non esista. Percorrendo senza sosta le tappe della relazione, affidandoci, amando, ma anche esigendo.
Quando, pero, le richieste verranno deluse, o quando ve ne saranno di altre, rivolte anche nei nostri confronti, allora la frattura tra l’immagine idealizzata dell’amore perfetto che ci portiamo dentro, e le possibilita del reale diverra insanabile. L’unica soluzione apparira, allora, quella di fuggire via alla ricerca incessante e coatta di qualcosa che in realta non esiste, ma riecheggia incestuosi desideri di affetto completo. Come immagini astratte e impalpabili di figure genitoriali perfezionate e idealizzate cui l’anima tende, come ultimo anelito risolutivo. Quali controparti, come sostiene Jung, della nostra stessa costellazione inconscia che forma ‘Animus’ ed ‘Anima’ come precipitati di figure reali, che al calore del tempo, consunte dai ricordi, colorate dalle proiezioni dei desideri, si sono sedimentate alterando la loro originaria imperfezione.
Non basteranno, per questo, dedizione e conforto di alcun compagno di vita a raggiungere visioni dell’anima, perche qualcosa manchera sempre, qualche elemento sara sempre insufficiente al raggiungimento del livello relazionale desiderato, agognato, vagheggiato.
La fiducia non sara mai completa, e il timore di ‘cadere’, di essere lasciati proprio quando ci si abbandona alle braccia dell’altro interverra a raffreddare ogni rapporto. 0 a colorarlo di gelosia e timori, di sospetti e di accuse. Perche nell’altro, in quell’altro che ha promesso di amarci ed accudirci, quasi fosse una madre amorevole – sperando che sia una madre amorevole – si depone tutta l’esistenza. Tutta la fiducia. E affidarsi significa abbandonarsi, delegare al partner la responsabilita della propria esistenza, il peso di essa, la complessita delle sue scelte, la difficolta delle sue inevitabili sconfitte. L’abbraccio diventa simbiotico, diventa eterno e concluso. Non puo sciogliersi ne deve farlo, perche la fiducia di base deve essere mantenuta, mai delusa, mai tradita.
Pena l’annichilimento, pena la rabbia, pena il disprezzo, pena la gelosia e l’aggressivita, pena la distruzione.
E allora quando di colpo ci si sente abbandonati, traditi di nuovo, come quando nessuno rispose al nostro pianto di bimbi, allora la colpa e soltanto dell’altro, e questi paghera per tutti. Perche qualcuno deve pur essere colpevole di ogni cosa.
Non bisogna allora sorprendersi di fronte ai folli gesti, di fronte a violenza e ossessione. L’altro ci ha traditi e nulla varra quanto il dolore di una ferita riaperta, un dolore mai sopito, ma sempre piu pungente. Perche l’altro quando ha promesso di amarci si e legato alla nostra persona. Perche chi depone se stesso nel cuore e nella mente di un altro in realta sente di possedere quell’altro. Crede che il legame che lo trattiene a se, la responsabilita assunta, le carezze profuse non possano essere rescisse, ma siano, invece, un contratto vincolante, la vendita dell’anima.
Inoltre, per mantenere l’altro avvinto a se non saranno risparmiate ‘tattiche’ piu o meno consce, che condurranno fino ai limiti della salvaguardia della propria dignita, fino alla comunicazione ‘paradossale’, dove l’altro viene inchiodato da continue, contraddittorie richieste. Quando ad essere poste sono domande che presuppongono risposte molteplici, quando si nega e si afferma, quando si esige tutto e il contrario di tutto, mostrando il bisogno incoercibile che l’altro faccia qualcosa di qualunque genere – eppure qualsiasi cosa faccia essa sara comunque ritenuta sbagliata e offensiva – allora il disorientamento si fa maggiore. Nessuna risposta e valida, non esiste quella ‘giusta’, permane soltanto il costante timore di ferire comunque, di lacerare comunque un tessuto umano gia liso e con sunto da paura e timori. E la mente, come Bateson ha evidenziato nei suoi studi sulle dinamiche schizofrenogene, si corrompe lacerata dall’incertezza e dall’ambivalenza, proiettata contemporaneamente in due direzioni opposte, che si escludono, ma che sono richieste contemporaneamente.
Nell’animo umano convivono sentimenti ambivalenti, ambigui, fatti di luci e di ombre. Fatti di speranze e tremori, di convinzioni incrollabili e inesauribili angosce. E il dubbio imperversa quale fosse l’unica intuizione possibile ad un animo non completamente equilibrato. Con l’amore convive l’odio, con la fiducia la diffidenza. Anzi, a ben vedere, chi da bambino non ha potuto affidare se stesso ad una madre amorevole, come direbbero Winnicott e Bowlby, avvertira sempre la sensazione di aggirarsi su delle sabbie mobili, e mai muovera passi sicuri nella noncuranza del gesto. Sempre procedera a tentoni nell’angoscia infinita di essere inghiottito nella delusione dell’abbandono.
Perche quando si ama con questi presupposti si ama s enza protezioni, ci si tuffa nel buio senza limiti o riserve. E tutto diviene piu difficilmente gestibile. Si perdono i confini tra l’uno e l’altro componente della coppia, si perde autonomia. Anzi, ci si rimette alla volonta dell’altro. Quando la percezi one di se stessi si destruttura in un afflato unico, dove soggetto ed oggetto hanno perso ogni cesura che ne mantenga la singola identita, la percezione stessa della realta relazionale viene sconvolta. Si e allo stesso tempo se stessi e l’altro, parti della propria personalita migrano nella visione dell’interlocutore, pregi difetti vezzi e atteggiamenti del viso si fondono e trasfondono. Le colpe si sfumano e resta soltanto un indistinto dispiegarsi di sensazioni e tremori.
A quel punto distacco non e piu possibile, in quel frangente, barricati in una stretta e coatta ‘follia a due’, i componenti della diade non vivono piu se stessi come elementi di una coppia, ma come parti complementari di un unico processo. Adesso il rischio e maggiore.
Provate ad immaginare un elemento unico che basi la sua esistenza sulla sua simmetria, sulle componenti complementari, sulle ombre e proiezioni di alcune parti, sulla rispondenza della altre. Questo elemento non esisterebbe senza la sua controparte, come un ombra non sussiste priva del corpo che la proietta.
Allo stesso modo un individuo che abbia fuso la propria identita con quella del suo partner non puo sopravvivere al distacco da esso. Non puo sopravvivere perche non soltanto ha incorporato degli aspetti dell’altro nella dinamica della propria psiche, non soltanto ha costruito la propria quotidianita esistenziale intorno ad esigenze comuni, non soltanto ha sostituito il ‘noi’ all’ ‘io’, ma ha anche proiettato parti del proprio essere sul volto dell’altro.
Contemporaneamente, pero, ha anche assorbito alcune sue caratteristiche, alcuni pregi – soprattutto – che gli forniscono l’alibi dell’innocenza in ogni discussione, in qualsiasi diatriba. Ci si identifica, in altri termini, con le componenti della personalita dell’altro che si desidererebbe fossero le proprie. Quando i confini si perdono cio e illusoriamente possibile, e fornisce la convinzione proiettiva che in realta sia l’altro ad averci depauperato delle nostre particolarita.
L’Io di ogni membro si frammenta, in tale dinamica, rendendo l’altro depositario di alcuni aspetti del proprio assetto costitutivo. E cio e male, perche se l’altro scompare porta via con se anche parti della personalita dell’altro. E questa e la perdita maggiore, intorno alla quale il senso di abbandono, il rancore e la disperazione si aggregano creando rabbia e sconforto. Ad attivarsi a questo punto sono proprio quei vissuti depressivi che conducono spesso all’immobilita, vitale ed esistenziale, che svuotano la mente e lasciano che il passato p receda e anticipi il futuro. La progettualita viene bandita dalle possibilita del pensiero, perche non puo che reiterarsi un passato gia catastrofico, piu nulla e possibile se non la ricomparsa di illusioni e sofferenze.
Ne consegue l’immobilita, quasi fosse l’unica soluzione ad una vita non piu vivibile. Anzi, forse e stata tale soltanto in un attimo di illusione, nel quale si e creduto di poter alleviare sofferenze pregresse. Ma la madre che, da piccoli, ci abbandono – e non ha importanza discriminante se ella lo abbia fatto nella realta o principalmente nelle nostre fantasie infantili – ci continua ad abbandonare e continuera a farlo. Inutile illudersi.
Su questo livello la mente puo arrestarsi, non andare oltre, credere che niente possa essere agito che valga la pena di riscuotere dalla pace della sosta, dalla pienezza del ricordo, dal conforto della disperazione.
Puo anche andare oltre, spingersi ancora piu in basso e affondare in paure, timori visioni inconsce e collettive, puo giungere alle immagini arcaiche dell’essere uomini. 0 puo cercare un motivo a tanto dolore. Ma anziche trovarlo nella ciclicita della vita, nell’equilibrio doloroso di inizi e di fini, di circoli che si concludono con esisti diversi, anziche rintracciarlo nell’imprevedibile caleidoscopio della vita umana, con calde passioni e rapidi raffreddamenti, lo trova nella ricerca di un colpevole. E questi puo essere l’altro, l’altro ‘cattivo’, perche noi ‘bravi bambini’ gli abbiamo ‘dato tutto noi stessi’. 0ppure no, la colpa e nostra: non meritiamo. Non meritiamo amore, non meritiamo rispetto. In un percorso delirante si puo giungere fino alla presunta verita: si puo credere che l’altro meriti una punizione, per aver tradito la nostra fiducia; si puo ritenere di meritare noi stessi quella punizione.
Le passioni si alzano in un turbinio di polvere, le istanze piu arcaiche emergono e la depressione porta con se proprio quello di cui sembra far difetto: un’energia insospettata. E l’aggressivita trionfa. Inseguimenti, ossessioni, punizioni psicologiche e materiali, tutto, tutto quello che l’inconscio, nelle sue istanze piu istintuali, puo produrre. Tutto fino al delirio.
Perche l’abbandono della persona amata e esperienza devastante. E soltanto chi abbia una personalita sufficientemente integrata, chi crede innanzitutto nella sua forza vitale, chi abbia sviluppato una pieta e una conoscenza delle proprie ambivalenze tanto equilibrata da rispettare il pensiero e i sentimenti dell’altro, soltanto quegli potra reggere all’urto. Non perche non ne s enta il dolore e la vertigine, ma perche sapra comprenderlo e contestualizzarlo. Perche sentira la necessita dell’altro, la riconoscera come legittima.
Una necessita che puo diventare vitale proprio in quei casi in cui il partner si sia completamente abbandonato tra le braccia dell’altro. In quei casi in cui il sospetto di dover fungere da immagine riflessa di una madre fluttuante si insinua con sempre maggiore pressanza. La sensazione di non essere a fuoco, allora si verticalizza, mentre la soffocante percezione di avere dei doveri che travalicano i propri spinge alla fuga. Una fuga necessaria e necessitata per ritrovare il proprio equilibrio, il proprio sentire, per respirare nuovamente e avvertire la congruenza dell’esistere.
E dal momento che, come sosteneva Giordano Bruno, “ogni amore procede dal vedere”, l’individuo cerchera di riacquistare le proprie facolta, la lucidita del suo sguardo offuscata dalle polveri dei sentimenti. Purtroppo pero quando la ragione riprende il suo posto, quando il pensiero che discrimina e discerne riprende il suo lavorio, i sentimenti si stemperano in una valutazione globale. Si attutiscono e mutano di posizione, divengono degli elementi da valutare e non piu delle istanze immanenti e indeformabili. Dei tasselli, non il mosaico completo. Perche quest’ultimo puo essere rappresentato soltanto dal benessere dell’uomo, dalla sensazione di poter gestire e creare, dall’ebbrezza di aver impiegato il proprio tempo nel miglior modo possibile, dilatando l’attimo e arrestando il rutilan te scorrere delle passioni.
Per vivere si ha bisogno dell’altro, ma di un altro che ci accompagni, non che ci leghi ad una immobilita inconcludente. Poiche dare e trasfondere all’esterno e cio che l’anima necessita di fare, ma e anche cio che richiede venga fatto dall’altro. Tutto in un mutuo scambio, nel quale i sentimenti non siano riedizioni di vecchi fantasmi, ma genuine passioni che nascano e, forse, si esauriscano, ma nel tempo del loro divenire. Perche l’eternita di un legame amoroso puo essere dato soltanto dalla “collezione d’attimi” cui si appellava Heinrich Boll e non da un mefistofelico patto stipulato col sangue.